lunedì 28 aprile 2014

Italiani, popolo di navigatori e trasmigratori.



“Mollo tutto e vado a vivere altrove” è una tendenza che dopo i grandi flussi migratori dell’800,  negli ultimi 10-15 anni è tornata con una certa irruenza e con forti differenze rispetto al passato. Ma cosa è cambiato negli ultimi due secoli e verso quali paesi tendiamo a spostarci, vivere o solo sognare di farlo?
Secondo l’ Anagrafe della popolazione Italiana Residente all'Estero (AIRE)  sono 4 milioni e 387mila nell’ultimo anno, i cittadini italiani residenti all’estero. Il primato europeo va alla Svizzera con più di 500mila italiani, segue Francia con 366mila, Belgio 252, e UK con 200mila. La Germania, con il 14,9% del flusso migratorio italiano è invece in testa alla classifica come paese scelto dai giovani italiani per migrare all’estero.
Enrico Pugliese, ricercatore  CNR-IRPPS, evidenzia una tendenza a spostamenti verso mete dell’America Latina che sembravano sostanzialmente superate come Brasile e Argentina, che insieme agli Stati Uniti e il Canada rappresentano gli stati extraeuropei con maggior concentrazione di Italiani.
Rispetto alle grandi ondate di spostamento  dell ‘800 a viaggiare sono ora giovani  diplomati o laureati, figure professionali con competenze specifiche. Inoltre molto forte è la componente femminile, le donne che emigrano da sole costituirebbero il 52,5% (dati Altreitalie).
I motivi dell’emigrare all’estero  non sono più legati alla sopravvivenza del  “portare a casa il pezzo di pane” come accadeva il secolo scorso, ma c’è una tendenza alla realizzazione professionale, alla ricerca di un sistema di mobilità sociale opposto all’idea di staticità politica e professionale del belpaese.  Esiste inoltre un’importante porzione di migranti composta da giovanissimi,  che spinti da delusioni lavorative, aspettative mancate, o semplicemente dalla voglia di scoprire luoghi lontani da casa,  si trasferiscono all’estero per un’esperienza di studio o di lavoro, sempre più spesso rimanendoci a vivere.
Il clima politico ed economico dello stivale ha sviluppato un senso di esterofilia nella popolazione, cioè l’idea che altrove sia meglio, che trasferirsi sia un modo per cercare o ritrovare sé stessi  attraverso una vita nuova.  La velocità e il facile reperimento delle informazioni attraverso i nuovi media e le reti sociali unito allo sviluppo dei trasporti sempre più capillari e a prezzi accessibili hanno sicuramente incentivato le persone a muoversi e a rendere reale l’utopia di iniziare una nuova vita. 

Secondo l’Istat, il flusso degli italiani all’estero negli ultimi dieci anni è più che raddoppiato: 106mila gli espatri nel 2012 (di cui 68mila italiani e 38mila stranieri residenti in Italia), in crescita del 29 per cento sull’anno precedente e del 115 per cento rispetto al 2002.  Sebbene tutti i dati oggi in possesso evidenziano un progressivo incremento dei flussi  verso i paesi stranieri suggerendo un vero e proprio boom migratorio per il 2014, sarebbe interessante indagare su quanti di questi migranti hanno avuto successo a distanza di anni, ovvero quanti  hanno trovato ciò che cercavano? E quanti si sono realizzati professionalmente? 
ES
Articolo apparso su 

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